Coronavirus, Cagnoli: «Riapertura? Sarà granulare, non una data per tutti»

Intervista di L.Salvia a G.Cagnoli, Corriere della Sera del 30.03.20


L’esperto di strategia aziendale che per primo ha posto il tema della ripartenza: «Date diverse a seconda delle zone e delle attività». Le accuse di cinismo? «Una società etica protegge i figli tanto quanto gli anziani»

Non avremo una sola data di riapertura, non ripartiremo tutti insieme. Deve essere un’operazione granulare». Giovanni Cagnoli – presidente di Carisma spa, esperto di strategia aziendale – è stato il primo a mettere sul tavolo il tema della riapertura.

Granulare, cosa intende?
«Che ci saranno più date di apertura. A seconda delle regioni, delle province, dei comuni, forse dei quartieri. A seconda delle attività, perché una partita con 50 mila tifosi non è un negozio di 40 metri quadri con due persone. Serve un piano molto urgente, molto complesso da pensare e ancora più complesso da implementare».

Ma quando si partirà?
«Non è come girare la chiave e accendere la macchina. Il virus è qui per restare, non sparirà, resteranno dei cluster fino a quando verrà somministrato il vaccino. Si parla di 12/15 mesi e il nostro Paese ogni mese perde almeno 100 miliardi di euro. Per questo bisogna riprendere a lavorare dove e quando si può con tutte le cautele, le protezioni possibili e appunto una granularità sofisticata con l’utilizzo di tecnologie avanzate».

E cioè, come aveva detto, under 55 al lavoro, over 65 protetti e fascia di mezzo con rientro graduale?
«Anche. Ma i nuovi test immunitari, urgentissimi, consentiranno di divedere la popolazione tra chi è immune, e può tornare al lavoro e per esempio portare la spesa agli anziani. Chi è malato e resta in quarantena, insieme a chi ha frequentato. E ancora chi è più a rischio, anche per l’età ma non solo, e chi lo è meno».

Lei ha detto che a settembre devono essere aperte tutte le imprese che lo erano a febbraio. Il governo sta facendo tutto il necessario?
«Le azioni messe in campo sono meritorie ma il punto è metterle in atto nel concreto. La cassa integrazione è una ottima azione, ma se poi i soldi non arrivano il 27 del mese e devono anticiparli le aziende che nel frattempo non fatturano e non incassano, allora è gravissimo».

E il reddito d’emergenza? Giusto darlo anche a chi lavorava in nero?
«In questo momento è doveroso far arrivare soldi a chi non ha uno stipendio o comunque la possibilità di sostenersi. E poi serve uno choc di domanda per far ripartire il sistema. Ma attenzione a fare in modo che questo non diventi strutturale. Per fare tutto questo sosterremo un debito che noi e i nostri figli dovremo ripagare. Per ripagarlo, però, serve lavoro, una base imponibile che nei prossimi anni ci consenta di creare ancora ricchezza e quindi tasse, non solo e non per sempre sussidi, ancorché oggi necessari».

L’hanno accusata di essere cinico, di pensare poco ai morti. Cosa risponde?
«I morti sono una cosa drammatica. Ma credo sia giusto pensare anche ai vivi e ai bambini che non nasceranno nei prossimi anni, in un Paese che già prima di questa tragedia aveva la natalità più bassa del mondo. Due ragazzi che faticheranno a trovare un lavoro nei prossimi anni non faranno figli perché non potranno permetterselo. Quei pochi che nasceranno avranno sulle spalle un debito ancora più alto da pagare. A quelli che oggi dicono prima la salute, principio indiscutibile, mi sento però di aggiungere la salute di tutti anche dei nostri figli e di quelli che non sono ancora nati che oggi non votano ma che non sono meno importanti. Anzi da sempre una società veramente etica fa ogni sforzo per proteggere i figli, tanto quanto gli anziani».

30.03.2020